La tecnologia “Chatbot” rivoluzionerà il modo con cui le aziende interagiranno con i propri clienti, ma ancora a molti è oscuro il significato di cosa siano le “Chatbot”, a cosa servano e come le aziende le possano usare per migliorare la relazione con i propri clienti.
Diverse ricerche dimostrano che gli essere umani preferiscono quelle interfacce tecnologiche che più di tutte cercano di simulare le modalità di “conversazione” tipicamente umane. All’inizio queste tecnologie le abbiamo “provate” nei sistemi di riconoscimento vocale installati nei primi call-center, sistemi che a causa del loro “primitivo” sviluppo riuscivano (con bassissime percentuali) a comprendere a mala pena un “SI” da un “NO” oppure un “DUE” da un “TRE”.
Quante volte è capitato di essere irritati nel dovere ripetere le stesse risposte o di essere “sbattuti” fuori dal call-center perché il sistema di riconoscimento vocale non era in grado di capire delle semplici parole?
Come a me, immagino, anche a voi tantissime volte.
Oggi, invece, l’innovazione ha permesso di trasformare il “brutto anatroccolo” in un “cigno leggiadro”. E questo grazie l’evoluzione tecnologica in tre distinti settori.
Primo l’impressionante aumento della capacità di calcolo in microprocessori sempre più piccoli, secondo il profondo mutamento e miglioramento del software che sta continuamente evolvendo verso l’ambizione di “simulare” il funzionamento logico del cervello umano, ed infine l’accesso immediato ad un’ incalcolabile quantità di dati. Le grandi innovazioni in queste tre aree hanno permesso la “creazione” di sistemi di intelligenza artificiale che da funzioni primordiali come capire se la parola pronunciata sia stata “UNO” o “DUE”, si sono evoluti fino al livello di comprendere il significato e il contesto di complesse frasi.
Aggiungete la impressionante loro ingegnerizzazione che ora permette l’installazione e il perfetto funzionamento di tali sistemi di intelligenza artificiale all’interno dei telefoni cellulari e il gioco è iniziato.
Tali sistemi di intelligenza artificiale, che permettono le interazioni uomo-macchina mediante l’instaurazione e gestione di una “comunicazione strutturata”, vengono identificati con il termine “Chatbot” (roBot capaci di eseguire Chat).
All’inizio veniva usata la “comunicazione scritta”: per esempio si scriveva in un campo “che tempo farà oggi a Roma?” e la chatbot rispondeva sempre per iscritto “ci sarà il sole con 24 gradi di giorno e 18 di notte”. Oggi, invece, si sono talmente evoluti che dalla comunicazione scritta si è passati con balzo felino anche quella “verbale”, aprendo in questo modo un nuovo mondo infinito di utilizzazioni, soprattutto nella comunicazione mobile.
Nielsen ha stimato che il 60% dei consumers ha attivato almeno una volta il proprio “voice-activated” (attivazione vocale) assistente virtuale durante gli ultimi 12 mesi, mentre Google stima che almeno il 25% delle ricerche avviene già oggi attraverso l’utilizzo di comandi vocali. Uso di interfacce sempre più “human-like” per interazione cliente-azienda. In particolare, soprattutto all’interno del sempre più vasto gruppo dei “millennials”, i clienti sono (e saranno) sempre di più orientati ed attratti da sistemi che permettano interazioni sempre più simili a quelle umane, soprattutto quelle interazioni basate sulla “parola”.
La tecnologia ha fatto passi da gigante rispetto ai primordiali sistemi di “riconoscimento vocale” dove al massimo si poteva procedere seguendo un “albero” di possibilità pre-costituito e con scelte, seppure alternative, tutte sempre molto limitate e circoscritte. Oggi non è più così: i sistemi da semplici “riconoscitori vocali”, si sono evoluti in sistemi molto più intelligenti, dove oltre il riconoscimento di un numero sempre più maggiore di parole, sono ora in grado di poterne capire “significato” e, in misura sempre maggiore, il contesto di utilizzo.
Questi sistemi si chiamano “Assistenti Personali”. E per dare un aspetto ancora più “human-like” si è loro assegnati nomi “umani”, come il caso di “Cortana” sviluppato dalla Microsoft o quello di “Siri” della concorrente Apple o “Alexa” sviluppato da Amazon.
Altro elemento molto importante (per la loro diffusione) è che questi sistemi tecnologici non sono più “strettamente” proprietari o difficilmente esportabili: ora, tramite delle interfacce standard, chiunque (a seguito di chiari accordi commerciali) può “usare” tali tecnologie abilitanti per lo sviluppo del “proprio assistente personale” in supporto alla propria clientela.
Non è lontano il momento in cui, su alcuni siti Web, oltre alla sempre più presente “chat”, troveremo disponibili sistemi di “assistenza intelligente”, che sapranno capire cosa stiamo chiedendo o di cosa abbiamo bisogno, usando però modalità di interazione più tipicamente “umana”.
Però deve essere chiaro che la efficacia di tali sistemi risiede sul presupposto che siano disponibili ed accessibili i dati di profilazione di coloro che li utilizzano (utenti, clienti, acquirenti, etc..), dati inseriti e contenuti nel grande “insieme” chiamato in gergo “Big Data”. Sarebbe contro produttivo se tali sistemi ripetessero le stesse domande poiché incapaci di riconoscere l’interlocutore o peggio, creare dei pericoli al consumatore se le risposte date non tenessero conto di dati personali assolutamente vitali (per esempio eventuali intolleranze alimentari nella la ricerca e proposta di prodotti alimentari).
Oggi le chatbot iniziano ad essere utilizzate utilizzate per migliorare/rafforzare il servizio di help-desk o customer care, come sta facendo la catena di bricolage “do-it-yourself” LOWE’s nella zona di San Francisco, ma nell’immediato futuro saranno sempre di più utilizzate per creare e rafforzare il rapporto iniziale con il cliente, offrendogli una “shopping experience” unica, personalizzata ed “umanizzata”.
Per capirne la valenza, riflettete sulle frustrazioni e irritazioni che ci assalgono quando, trovandoci all’interno di un grande magazzino, non si riesce MAI a trovare un addetto disponibile a fornire informazioni o supporto sui prodotti esposti o di cui siamo interessati all’acquisto.
Domani grazie a questi “assistenti” virtuali, presenti ovunque ma soprattutto nel nostro telefono, saremmo aiutati direttamente nello store ed instradati, addirittura con piantina mostrata sul nostro cellulare, verso lo scaffale o reparto dove potremo trovare l’articolo cercato con tutte le informazioni da noi richieste. In questo senso i chatbot fungeranno anche come collegamento tra il mondo digitale e il mondo reale.
Fantascienza? Assolutamente no.
E’ solo una questione di tempo e neanche troppo lungo.